La lana è conosciuta fin dal tempo dei babilonesi ma è stata prodotta industrialmente a partire dal XVII secolo a.C. La lana è una fibra tessile naturale che si ottiene dal vello di ovini (pecore e di alcuni tipi di capre), conigli, cammelli e dromedari, ma anche dalla vigogna dall’alpaca e da alcuni tipi di lama. Essa è inoltre un filato.
Questo tessuto si ottiene attraverso l’operazione di tosatura, ovvero taglio del pelo, che per le pecore avviene in primavera, seguita da altre lavorazioni. La lana che si viene ad ottenere viene definita lana vergine. La fibra con cui si ottiene la lana, ha una lunghezza compresa tra i 2 e i 40 cm ed rivestita esternamente di squame chiamate cuticole, il cui corpo centrale, detto canale midollare, ha uno spessore che può variare da 20 a 70 micron.
Questo tessuto si ottiene attraverso l’operazione di tosatura, ovvero taglio del pelo, che per le pecore avviene in primavera, seguita da altre lavorazioni. La lana che si viene ad ottenere viene definita lana vergine. La fibra con cui si ottiene la lana, ha una lunghezza compresa tra i 2 e i 40 cm ed rivestita esternamente di squame chiamate cuticole, il cui corpo centrale, detto canale midollare, ha uno spessore che può variare da 20 a 70 micron.
La lana è conosciuta per la sua morbidezza, elasticità, igroscopicità e coibenza termica. Ma vediamo in dettaglio quali sono le sue caratteristiche principali:
Igroscopicità: ossia la capacità di assorbire e trattenere le molecole di acqua dell’esterno (umidità) fino al 30% del suo peso senza dare la sensazione di bagnato;
Flessibilità: elasticità naturale che le permette di essere sottoposta a forti allungamenti e torsioni e di recuperare totalmente la sua forma originale, rendendola per questo ingualcibile;
Antistaticità: ha una scarsa capacità di caricarsi di elettricità statica, quindi offre il vantaggio di non attirare ed incamerare la polvere;
Isolamento termico: è un ottimo isolante termico, sia contro il freddo che contro il caldo, essendo composta dalla cheratina, una sostanza simile a quella dei capelli, la lana ha una altissima proprietà isolante, grazie al cuscinetto d’aria formato dalle ondulazioni delle sue fibre.
Flessibilità: elasticità naturale che le permette di essere sottoposta a forti allungamenti e torsioni e di recuperare totalmente la sua forma originale, rendendola per questo ingualcibile;
Antistaticità: ha una scarsa capacità di caricarsi di elettricità statica, quindi offre il vantaggio di non attirare ed incamerare la polvere;
Isolamento termico: è un ottimo isolante termico, sia contro il freddo che contro il caldo, essendo composta dalla cheratina, una sostanza simile a quella dei capelli, la lana ha una altissima proprietà isolante, grazie al cuscinetto d’aria formato dalle ondulazioni delle sue fibre.
La lana, inoltre, è una fibra che si tinge con molta facilità. Questo è dato dal fatto che essa, si comporta come un materiale basico in presenza di coloranti acidi, mentre si comporta come un acido in presenza di coloranti basici (materiale detto anfòtero). Per la sua origine, la lana è usata tipicamente per il vestiario, ma ha soprattutto sbocchi sul mercato dei tessuti per arredamento e per le imbottiture (cuscini e materassi). Non ha, però, impieghi nei tessuti tecnici ed industriali. E’ comune, ritrovare la lana, unita ad altri tipi di fibre.
Abbiamo detto che la lana è un tessuto di origine naturale animale. Il vello utilizzato per la sua filatura, è tratto da una varietà enorme di mammiferi, legati ovviamente alla distribuzione geografica sul globo di questi. Per cui, volendo classificare questi animali, la via più semplice e quella della razza; avremo così: pecore (Merino, Dorset e Suffolk), capre (d’Angora e Cashmere), conigli (d’Angora), cammelli, dromedari, lama, alpaca e vigogne.
Merino
È una lana molto fine ricavata da pecore merinos cresciute in situazioni climatiche difficili. Proprio per questo motivo riesce ad avere un alto potere isolante. Una curiosità? Gli abitanti del deserto indossano mantelli fatti con questa lana anche sotto il sole più caldo.
Mohair
Un filato davvero morbido: l’abbigliamento realizzato in lana di Mohair è leggero e, se trattato, dalla colorazione resistente e uniforme. La sua filatura cambia in base all’età dell’animale tosato.
Cashmere
Ancora più fine della lana di Mohair, il cashmere viene ricavato dal sottovello di capre kashmir allevate in Tibet o in Cina. È un tessuto molto raro e se ne ricava una lana molto pregiata che isola dieci volte di più rispetto ad una lana normale.
Alpaca
Leggerissima, prende il nome proprio dall’Alpaca, l’unico animale che riesce a produrre velli di tantissimi colori. Al tatto è simile alla seta e grazie alle sue caratteristiche anallergiche e all’assenza di lanolina, non causa reazioni allergiche.
Il feltro si ottiene tramite l’infeltrimento delle fibre della lana. Il materiale che lo compone è la lana cardata di pecora, cioè lana liberata dalle impurità, districata per rendere parallele le fibre tessili, usata così com’è senza procedere alla successiva filatura. Per ottenere il feltro, si bagnano le fibre con acqua calda. Le fibre vengono poi intrise di sapone e sfregate a mano o con una macchina. Quest’operazione si chiama “follatura” e consiste nel compattare il tessuto attraverso il restringimento e l’infeltrimento, per renderlo compatto.
La lana cotta è simile al feltro, ma si differenzia per il tipo di materiale con cui viene ottenuta. Mentre per il feltro vero e proprio si impiega lana solamente cardata, la lana cotta è ricavata dalla lana cardata e filata. Il tessuto di lana cotta viene realizzato mediante la lavorazione a maglia di filato di lana e grazie alla follatura, che ne causa il restringimento fino a un terzo. Tutt’altra storia il feltro dei cappelli come i famosi Borsalino, fatti con i peli di coniglio usando una speciale tecnica di formatura.
La storia del feltro
Si dice che il feltro sia il primo tessuto prodotto dall’uomo, secondo solo all’ intreccio di fibre vegetali, lavorazione probabilmente molto più antica di quella della lana. Le più antiche tracce di feltro di lana risalgono al terzo millennio a.C. e si collocano in Siberia. Inoltre, ci sono importanti tracce di feltri preistorici in Turchia. Era usato anche dai Greci e dai Romani per la confezione di abiti, copricapi e mantelli.
L’invenzione del feltro, nella leggenda, viene attribuita a San Giacomo apostolo. Il santo, che era un pescatore, mal sopportava le conseguenze dei lunghi spostamenti a piedi richiesti dall’opera di predicazione. Per proteggere le piante dei piedi provò a imbottire i sandali con i batuffoli di lana che le pecore, nel pascolare, lasciavano attaccati ai cespugli spinosi. Si accorse che lo strato di lana pressato dal suo peso e bagnato dal sudore si induriva e si trasformava in una falda compatta, morbida e confortevole. Da qui l’invenzione del feltro. Le prime corporazioni di cappellai consideravano il santo il loro protettore; nell’iconografia è rappresentato come un pellegrino che porta in testa un cappello a larghe tese, ovviamente di feltro, ornato con una conchiglia.
Il feltro è caldo, leggero, impermeabile ed è il miglior materiale isolante naturale. Molto efficace sia contro il freddo che contro il calore, riveste l’interno e l’esterno delle yurte, le abitazioni mobili di molti popoli nomadi dell’Asia tra cui mongoli, kazaki, kirghisi e uzbeki. Per i kirghisi la parola “tumar” indica un amuleto a forma di triangolo in feltro. Indossato sul petto, si crede che protegga il proprietario per molti anni.
La Leggenda del Becco di Filadonna
“C’era una volta sulla cima di una montagna una bella signora castellana che filava la lana nel suo splendido castello. Ai piedi della montagna giaceva un paese, Carbonare e in questo luogo viveva una povera vedova, che aveva un bimbo molto piccolo e una pecora che le serviva per il latte e per la lana. La povera donna risparmiando per tutta l’estate e lavorando con grande fatica, era riuscita a procurarsi la lana per fare alla castellana una maglietta per il suo bambino. Una bella maglietta che tenesse caldo era indispensabile per l’inverno che arrivava con grande gelo e freddo.
Un bel giorno d’ottobre la donna, con il suo bambino in braccio, s’ incamminò su per il sentiero erto e scosceso che portava al castello in cima alla montagna.
Dopo tanta fatica la donna bussò finalmente alla porta del castello. La castellana, tanto bella, quanto fredda e crudele, fece entrare la povera donna ormai sfinita per il lungo cammino e chiese cosa volesse. Allora la donna consegnò la lana candida e morbida della sua pecora e chiese alla castellana di farne una calda maglietta per il suo bambino, prima dell’arrivo dei primi freddi. Detto questo la castellana rispose di ritornare a ritirare la maglia fra un mese e di portare anche i soldi per il suo lavoro.
Dopo tanta fatica la donna bussò finalmente alla porta del castello. La castellana, tanto bella, quanto fredda e crudele, fece entrare la povera donna ormai sfinita per il lungo cammino e chiese cosa volesse. Allora la donna consegnò la lana candida e morbida della sua pecora e chiese alla castellana di farne una calda maglietta per il suo bambino, prima dell’arrivo dei primi freddi. Detto questo la castellana rispose di ritornare a ritirare la maglia fra un mese e di portare anche i soldi per il suo lavoro.
La donna scese così di nuovo nel suo villaggio, serena perché era sicura che il suo bambino poteva star caldo lungo tutto l’inverno, ma anche spaventata per tutti quei denari che la castellana pretendeva per il suo lavoro.
Passò un altro mese e in un giorno nuvoloso di novembre la mamma con il suo bambino in braccio s’incamminò verso il castello. La castellana era seduta ad aspettare e consegnò la maglia alla donna chiedendo il compenso. Ma la maglietta non era fatta con la lana morbida della sua pecora, bensì con una lana scura, brutta e ruvida.
Passò un altro mese e in un giorno nuvoloso di novembre la mamma con il suo bambino in braccio s’incamminò verso il castello. La castellana era seduta ad aspettare e consegnò la maglia alla donna chiedendo il compenso. Ma la maglietta non era fatta con la lana morbida della sua pecora, bensì con una lana scura, brutta e ruvida.
La povera donna cominciò allora a piangere disperatamente in ginocchio davanti alla castellana e pianse tanto e poi tanto che le sue lacrime bagnarono le vesti di quella crudele signora.
Fu così che, in quell’inverno, freddo e gelido, il castello venne tutto trasformato in un masso di ghiaccio e si trasformò, poi assieme alla sua castellana, in una colossale pietra. Così da quel giorno quella montagna viene chiamata “Becco di Filadonna”.
Fu così che, in quell’inverno, freddo e gelido, il castello venne tutto trasformato in un masso di ghiaccio e si trasformò, poi assieme alla sua castellana, in una colossale pietra. Così da quel giorno quella montagna viene chiamata “Becco di Filadonna”.
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